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Quei cappellani militari che guadagnano come i generali

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  • Quei cappellani militari che guadagnano come i generali

    Quei cappellani militari
    che guadagnano come i generali


    17.08.2012

    Indossano la veste talare con i gradi appuntati sul colletto, accompagnano i militari nelle caserme, sulle navi da guerra e nelle «missioni di pace»
    È l'esercito dei preti-soldato contestati già da don Milani
    Una veste talare con due stellette dorate appuntate sul colletto: è la divisa dell'ordinario militare, l'arcivescovo che guida con i gradi, e lo stipendio, di generale di corpo d'armata il piccolo esercito dei cappellani militari, i preti-soldato impegnati nel servizio pastorale fra i militari nelle caserme, sulle navi da guerra e nei contingenti impegnati nelle cosiddette "missioni di pace".
    Una vera e propria Chiesa militare, con i gradi accanto al crocefisso, che dispensa assistenza spirituale e sacramenti a coloro che hanno scelto le armi e la mimetica e predica un Vangelo in grigio-verde, come il colore della copertina di quello che mons. Angelo Bagnasco, prima di staccarsi le stellette di vescovo castrense per assumere i gradi di presidente della Conferenza episcopale italiana, regalò a tutti i soldati in missione all'estero: «Un tocco che lo contraddistingue, un simbolo di appartenenza, come si fa negli scout», spiegò allora.
    E «appartenenza» è la parola che ripetono da sempre i vescovi-generali, per stoppare in partenza tutte le richieste di smilitarizzazione dei cappellani che provengono dal mondo cattolico di base e pacifista.
    «La cosiddetta "militarità" può fare problema e sembrare fuori posto per un prete - spiegava ancora Bagnasco - ma c'è una ragione: il senso di appartenenza alle forze armate è altissimo, è un mondo con regole precise» e «il sacerdote, per essere pienamente accolto, ne deve far parte fino in fondo», cioè con i gradi.
    «La vocazione alla santità del militare rischia di non essere compresa, particolarmente da coloro che esaltano la pace a oltranza», dice ancora più chiaramente l'attuale ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi, che propone anche di proclamare Giovanni XXIII, il papa della Pacem in Terris, patrono dell'esercito.
    I cappellani militari cattolici vennero introdotti nell'esercito italiano alla vigilia della I guerra mondiale.
    Fu il generale Cadorna a chiedere la presenza al fronte di preti - fra cui si distinse il francescano Agostino Gemelli, il quale fu anche consulente dello Stato maggiore - che sostenessero spiritualmente i soldati nel conflitto e che collaborassero a mantenere salda l'obbedienza agli ufficiali e la disciplina della truppa.
    Finita la guerra, i cappellani vennero congedati con il grado di tenente e fecero ritorno nelle parrocchie e nei conventi.
    Per poco però, perché nel 1926 Mussolini fece approvare la legge che istituì l'Ordinariato militare d'Italia, ulteriormente rafforzato tre anni dopo con la stipula dei Patti Lateranensi fra Chiesa cattolica e Stato fascista: l'atto di nascita di una vera Chiesa militare al servizio del regime, tanto che i cappellani vennero inseriti nelle forze armate, nell'Opera nazionale balilla e nella Milizia volontaria di sicurezza nazionale, accompagnarono e sostennero le truppe fasciste nella guerra civile spagnola, nella campagna d'Africa - dove i reparti mussolinani usarono i gas contro le popolazioni - e nella II guerra mondiale.
    Crollato il fascismo e conclusa la guerra, l'Ordinariato militare rimase saldo al suo posto.
    Anzi, nel 1986, papa Wojtyla emanò la Costituzione apostolica Spirituali militum curae ed elevò al rango di diocesi tutti gli ordinariati e i vicariati castrensi del mondo.
    Diocesi anomale, i cui parroci sono i cappellani militari e i cui fedeli sono i militari e le loro famiglie, gli allievi delle scuole militari e i degenti degli ospedali militari.
    In Italia l'Ordinariato militare è equiparato ad un'arcidiocesi, la sede è in un bel palazzo storico a due passi dal Colosseo, il seminario per gli aspiranti preti-soldato si trova nella "città militare" della Cecchignola a Roma, Bonus Miles Christi è il mensile dell'Ordinariato, che è presente anche su Facebook. L'ordinario militare viene designato dal papa e nominato dal presidente della Repubblica (in accordo con il presidente del Consiglio e dei ministri della Difesa e dell'Interno), ha le stellette e il salario di un generale di corpo d'armata: oltre 9 mila euro al mese (lordi).
    Tutti gli altri cappellani, attualmente 182, sono inquadrati con i diversi gradi della gerarchia militare:

    • il vicario generale è generale di brigata (6 mila euro di stipendio);
    • l'ispettore,
    • il vicario episcopale,
    • il cancelliere
    • l'economo sono tenenti colonnello (5 mila euro);
    • il primo cappellano capo è un maggiore (fra i 3 e i 4 mila euro);
    • il cappellano capo è capitano (3 mila),
    • il cappellano semplice ha il grado di tenente (2 mila e 500).

    La spesa da parte dello Stato è di oltre 10 milioni di euro l'anno. Ma è una cifra che non comprende le pensioni pagate ai preti soldato: circa 160, per un importo medio annuo lordo di 43 mila euro ad assegno (ma quelle degli alti ufficiali, in tutto 16, sono molto più elevate: l'ordinario militare percepisce circa 4mila euro netti al mese) e una spesa complessiva di quasi 7 milioni di euro, come ha riferito il ministro della Difesa, ammiraglio Di Paola, rispondendo ad una interrogazione parlamentare dei Radicali.
    Ci avevano provato anni fa in Parlamento i Verdi a presentare un disegno di legge per la «smilitarizzazione» dei cappellani militari, riprendendo una delle storiche battaglie di Pax Christi: non l'eliminazione dei cappellani militari ma lo sganciamento dalla struttura delle forze armate, affidando la cura pastorale dei soldati a preti senza stellette che già operano nelle parrocchie nei cui territori sorgono le caserme, e facendo risparmiare un bel po' di quattrini allo Stato.
    Ma il fuoco di sbarramento delle gerarchie ecclesiastiche fece affossare il progetto.
    Ed è andata anche bene: negli anni '60 padre Balducci e don Milani vennero processati (Balducci fu condannato a 8 mesi, Milani morì prima della sentenza) per aver difeso l'obiezione di coscienza e criticato i cappellani militari.


    Luca Kocci



















  • #2
    I cappellani militari si aggiornano spiritualmente. A spese nostre

    I cappellani militari si aggiornano spiritualmente. A spese nostre

    A cosa servano oggi i cappellani militari non è ben chiaro
    E’ invece chiarissimo che il loro costo grava sulle casse pubbliche.
    L’Uaar, nella sua inchiesta I costi della Chiesa, lo ha stimato in dodici milioni di euro ogni anno.
    Una cifra che andrebbe però rivista al rialzo, perché non comprende i costi di aggiornamento spirituale”.

    Anche quelli, si è scoperto, sono a carico di tutta la cittadinanza.
    Mons. Vincenzo Pelvi, attuale ordinario militare per l’Italia, ha infatti deciso di organizzare anche quest’anno un raduno di tutti i cappellani militari, allo scopo di assicurare loro l’indispensabile “aggiornamento spirituale e culturale”.

    Il meeting, come già nel 2011, avrà luogo nella “pacifica” Assisi tra il 24 e il 27 settembre prossimi.
    Anche il luogo prescelto è consolidato e per nulla bellicoso: la Casa Domus Pacis, un hotel di proprietà dei frati minori francescani.
    L’Uaar è entrata in possesso di una copia della lettera di convocazione inviata dall’arcivescovo Pelvi a tutti i cappellani in carico a Difesa, Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza. Durante il seminario, la partecipazio*ne al quale è obbligatoria”, i cappellani saranno “ospitati” presso la stessa Casa Domus Pacis al costo di 75 euro al giorno per la pensione completa.

    Ovviamente a carico del bilancio della forze armate.
    Poiché i cappellani militari sono circa duecento, l’esborso ai frati minori già si avvicina ai 60.000 euro.

    Ma la spesa non finisce ovviamente qui, perché a tale cifra occorre aggiungere gli importi dei biglietti di aereo/treno per i viaggi di andata e ritorno, e persino “l’indennità di missione nazionale”.

    Tutte spese a carico dei reparti di appartenenza.
    Considerato che il regolamento vigente in materia di missioni in territorio nazionale prevede per tutto il personale militare l’obbligo di usufruire di vitto e alloggio presso le strutture militari (a costo dunque pressoché irrisorio per le casse pubbliche), non si capisce perché i cappellani, che sono inquadrati come ufficiali e che portano le stellette sul proprio abito talare, debbano invece sentire l’esigenza di disporre di una struttura privata esterna.

    Che guarda caso è di proprietà di altri religiosi, apparentemente indisponibili ad accogliere gratuitamente i propri confratelli.
    Nonostante l’uso ostentato del concetto di “Accoglienza francecana” nella mission dell’albergo.
    Il costo di 75 euro appare peraltro anche fuori mercato, tant’è che la stessa Domus Pacis pratica alla clientela “norma*le” prezzi inferiori (e per una pattuglia così numerosa ci si aspetterebbe peraltro di veder praticati forti sconti).

    Servizi extra, o c’è qualcosa che non quadra? Quando c’è di mezzo il finanziamento della Chiesa, non si riesce mai a vedere la luce in fondo al tunnel …
    Proprio sui cappellani militari, nei giorni scorsi è stata pubblicata sul Manifesto un’inchiesta di Luca Kocci.

    Fatto raro, perché dei cappellani si parla assai raramente.
    Manca pertanto una diffusa informazione sui loro costi.
    Nonché sulla loro funzione.

    Il cristianesimo, in origine, vietava ai soldati addirittura il battesimo.
    Poi, con la nascita dell’impero cristiano costantiniano, le cose cambiaro*no, e i religiosi cattolici in guerra cominciarono ad assolvere la medesima funzione svolta dai loro omologhi di altre religioni: cercare di dare un senso all’attività di uomini che rischiavano la pelle per ragioni a loro spesso incomprensibili.

    Ma oggi, in uno stato laico che nella sua Costituzione afferma di ripudiare la guerra, che senso ha un corpo di sacerdoti militarizzati, al cui vertice sta un vescovo nominato dal sovrano di uno stato estero, e che andrà in pensione con il grado e con gli emolumenti di generale di brigata?
    Il cardinal Bagnasco, un ex ordinario militare che è riuscito a diventare capo dei vescovi italiani, potrebbe cercare di risponderci con cognizione di causa.



    A cosa servano oggi i cappellani militari non è ben chiaro. E' invece chiarissimo che il loro costo grava sulle casse pubbliche. L'Uaar, nella sua inchiesta I costi della Chiesa, lo ha stimato in dodici milioni di euro ogni anno. Una cifra che andrebbe però rivista al rialzo, perché non comprende i

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    • #3
      Governo monti e parlamento confermano gli oneri per i cappellani militari

      GOVERNO MONTI E PARLAMENTO CONFERMANO GLI ONERI PER I CAPPELLANI MILITARI

      1.jpg
      L’ ordinario militare e i cappellani dei soldati continueranno ad essere retribuiti dallo Stato italiano.

      Così ha deciso il Parlamento che ha respinto, giudicandoli «inammissibili», due emendamenti alla legge di riforma delle Forze armate, fortemente voluta dall’ ammiraglio-ministro della Difesa Giampaolo Di Paola presentati dai Radicali Marco Perduca al Senato e Maurizio Turco alla Camera, che miravano proprio a sottrarre al Ministero della Difesa l’ onere di pagare gli stipendi ai cappellani militari: una spesa di circa 17 milioni di euro l’ anno (10 per gli stipendi e 7 per le pensioni, v. Adista n. 62/11), più alcuni extra, come per esempio i seminari di aggiornamento spirituale (v. Adista n. 78/11 e Adista Notizie n. 31/12).


      «Al personale del servizio assistenza spirituale non compete il trattamento economico a carico dello Stato, ovvero del Ministero della Difesa.

      In coordinamento con l’ Ordinariato militare, il trattamento economico e previdenziale del personale del servizio assistenza spirituale è assicurato dalla diocesi dell’ ambito territoriale del comando militare». Disponeva questo, in particolare, l’ emendamento presentato da Turco – e sottoscritto dall’ intera pattuglia dei Radicali – alla Camera. Cioè né la soppressione dell’ Ordinariato, né il divieto per i cappellani militari di esercitare il loro ministero fra gli uomini e le donne in divisa. Semplicemente che gli stipendi non venissero pagati dallo Stato ma dalla Chiesa, tramite l’ otto per mille, una parte del quale – nell’ ultimo anno, poco più di 700mila euro – già finisce nelle casse dell’ Ordinariato (v. Adista Notizie n. 38/12).


      «Inammissibile», ha sentenziato il presidente della Camera Gianfranco Fini, ribadendo il parere espresso dal governo.
      «Tale proposta emendativa», ha aggiunto l’ ex segretario di Alleanza Nazionale, «incide sullo status del predetto personale, materia oggetto d’ intesa tra il governo e la Conferenza episcopale italiana».
      La spiegazione di Fini, tuttavia, presenta diversi “buchi”: l’ Intesa fra Stato italiano e Cei non esiste – come ha ricordato lo stesso Turco in aula – e l’ articolo del Concordato richiamato dal presidente della Camera che «non può essere modificato unilateralmente da parte dello Stato, ma soltanto mediante modalità pattizie» (art. 11, comma 2), non dice una parola sul trattamento economico dei cappellani militari.
      Si limita a stabilire che «l’ assistenza spirituale ai medesimi (i militari, ndr) è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell’ autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l’ organico e le modalità stabiliti d’ intesa fra tali autorità».


      «La proposta voleva semplicemente modificare, e nell’ interesse dello Stato, una materia che sottrae ingenti risorse dalle tasche dei cittadini», un «regalo ingiustificato che si aggiunge a quello miliardario dell’ otto per mille», spiega Luca Marco Comellini, segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e Forze di polizia (Pdm), fondato nel luglio del 2009 (insieme anche al radicale Turco).
      «Mi pare evidente la prostrazione e l’ estrema devozione della partitocrazia alla sacralità della “casta ecclesiastica-militare”».


      Non è la prima volta che il Parlamento tenta di intervenire sulla questione dei costi dell’ Ordinariato militare a carico dello Stato italiano: anni fa ci provò il deputato dei Verdi Gianpaolo Silvestri, proponendo la smilitarizzazione dei cappellani militari, sottraendoli quindi alle competenze del Ministero della Difesa (v. Adista nn. 43 e 57/07), ma anche in quel caso la proposta naufragò.
      E nella Chiesa da quasi vent’ anni Pax Christi chiede che i cappellani vengano sganciati dalla gerarchia militare di cui fanno parte a tutti gli effetti, a cominciare dall’ ordinario militare che appena nominato conquista i gradi di generale di corpo d’ armata (v. Adista nn. 81/95, 67/97, 81/00, 49/06 e 81/06; Adista Segni Nuovi n. 7/12 e Adista Notizie n. 46/12). Ma sia le autorità religiose che quelle civili si mostrano sorde alle proposte.


      http://lucakocci.wordpress.com/2012/...lani-militari/

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      • #4
        Cappellani militari. Parole ordinario inesatte e fuorvianti. Costano 16 milioni di €


        Cappellani militari. Parole ordinario inesatte e fuorvianti. Costano 16 milioni di euro l’anno




        24 novembre 2014


        Il servizio “I sacerdoti pagati dallo Stato” trasmesso ieri 19 novembre durante il programma Le Iene ha finalmente, e spero definitivamente, chiarito che non esiste alcuna intesa stipulata tra Governo italiano e Santa Sede sulla questione dei cappellani militari come invece hanno sempre sostenuto – sbagliando – alcuni esponenti del parlamento tra cui proprio il presidente della commissione Bilancio della Camera, Boccia che ha dichiarato inammissibile uno specifico emendamento del vicepresidente della Camera Roberto Giachetti.
        Inoltre, ancora una volta l’Ordinario militare monsignor Marcianò, capo dell’istituzione religiosa militare, ha chiaramente espresso la volontà sua e di tutti i sacerdoti militari di essere pronti a rinunciare ai gradi e al relativo trattamento economico che oggi è pagato dal Ministero della Difesa e pesa per oltre dieci milioni di euro all’anno sulle tasche dei contribuenti.

        L’unico emendamento al testo della legge di bilancio per il 2015 volto a tagliare i costi dell’ordinariato è stato presentato nei giorni scorsi dal vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, intervistato dalla iena Luigi Pelazza, ma è stato dichiarato inammissibile dal presidente della commissione Bilancio, Boccia (Pd), sulla base dell’esistenza di una intesa prevista dal protocollo aggiuntivo al Concordato del 1929 che di fatto non è mai stata stipulata come hanno confermato gli stessi vertici dell’Ordinariato militare e solo grazie al servizio de Le Iene il governo, per voce del sottosegretario su Stato alla Difesa, Domenico Rossi, anch’esso intervistato da Pelazza, ha finalmente e ufficialmente preso atto della volontà di rinuncia espressa dall’Ordinario militare annunciando risposte entro 3 mesi.
        Non servono altri tre mesi per discutere di come assicurare l’assistenza spirituale al personale delle Forze armate se vi è l’intenzione di accogliere la richiesta fatta dall’Ordinario militare, ciò togliere gradi e stipendio ai cappellani e porre i costi a carico della Chiesa, basta semplicemente riammettere l’emendamento di Roberto Giachetti e approvarlo una volta per tutte perché sono quasi 30 anni che paghiamo il servizio spirituale senza alcuna ragione logica o giuridica e mi sembra sia arrivato il momento di smettere di prendere in giro gli italiani.
        Inoltre mi sembra opportuno che il ministro della Difesa e quello dell’Economia e delle Finanze chiariscano alcuni aspetti della questione che emergono dal punto di vista della congruità dei dati riportati nella Tabella n. 11 allegata alla legge di bilancio perché se da un lato non è assolutamente giustificabile l’aumento dei cappellani militari in relazione all’attuazione delle norme sulla revisione in senso riduttivo dello strumento militare, dall’altro l’incremento della spesa per oltre 2 milioni di euro rispetto al 2014 riportato nel bilancio dello Stato sarebbe ingiustificato qualora non vi sia poi alcuna effettiva variazione rispetto al numero attuale di 173 cappellani militari e, siccome a pensar male si fa peccato ma a volte ci si azzecca – conclude -, mi sorge il dubbio se tale aumento della spesa corrente per gli stipendi dei cappellani non possa essere letto come una sorta di accantonamento di risorse non ammesso dalla vigente normativa e se lo stesso aumento non possa essere stato fatto anche per altre voci di spesa riportate nella medesima tabella, o in altre, allegate alla legge di bilancio per il 2015.
        notizie.radicali.it

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        • #5
          Cappellani militari: sono 200 e costano 9 milioni. Nessun risparmio sull’eterna casta

          Cappellani militari: sono 200 e costano 9 milioni. Nessun risparmio sull’eterna casta dei preti-generali. Tanto a pagare è lo Stato italiano


          11 aprile 2017




          Tanto è stato detto, tanto è stato promesso, ma alla fine troppo poco è stato fatto.
          I cappellani militari continuano ad essere super-privilegiati. Alla faccia delle parole e dell’esempio di chi pure dovrebbe essere, per i sacerdoti, fonte di ispirazione come Papa Francesco.
          Dal Vaticano al Governo italiano, l’anno scorso era stata avanzata la promessa di un taglio significativo al capitolo di spesa della Difesa per i cappellani, tra stipendi d’oro e pensioni di lusso.
          E invece quella che si preannunciava essere una mannaia, alla fine è stata una sforbiciata.
          Nel 2017, infatti, la spesa prevista per sostenere i cappellani militari sarà di poco inferiore ai 10 milioni di euro.
          Cifra stratosferica se pensiamo che stiamo parlando esattamente di 200 sacerdoti.
          Non uno di più.
          Parliamo, infatti, come ricostruito da Luca Kocci su Adista, di 81 cappellani in forza all’Esercito, 31 nei Carabinieri, 30 nell’Aereonautica, 28 nella Guardia di Finanza, 27 nella Marina e 3 svincolati dall’appartenenza ad un corpo specifico, per una spesa totale di 9.579.962 euro (l’anno scorso era di 10,4 milioni), destinata al pagamento degli stipendi.
          D’oro, evidentemente.
          Perché c’è un particolare importante da ricordare: le retribuzioni sono interamente a carico dello Stato.
          Il Vaticano non è tenuto a pagare un centesimo.
          Non a caso di super-stipendi ce ne sono a iosa, a cominciare – secondo quanto riportato dalle tabelle ministeriali – da quello del cosiddetto “vescovo castrense”, l’ordinario militare per l’Italia, incarico oggi ricoperto da Santo Marcianò, che al mese porta a casa 9mila e 500 euro lordi (124mila annui, compresa la tredicesima).
          Senza dimenticare le pensioni, per cui ogni anno vanno via altri 7 milioni di euro.
          Insomma, uno sproposito.
          Ed è per questo che, non a caso, Gianni Melilla ha presentato un’interrogazione per chiedere a Paolo Gentiloni ma anche ai ministri Angelino Alfano e Roberta Pinotti “se non ritengano necessario assumere le iniziative di competenza per una revisione della disciplina sui cappellani militari nel senso di una riduzione della spesa e di un superamento di ogni situazione di privilegio”.
          Sarebbe il minimo.
          Ma, chissà perché, i prelati non vogliono, richiamandosi alla “militarizzazione” apostolica.
          Peccato che quella era spirituale, non fondata sulla moneta.

          di Carmine Gazzanni



          http://www.lanotiziagiornale.it/cappellani-militari-sono-200-e-costano-9-milioni-leterna-casta-dei-preti-generali-il-miracolo-dei-risparmi-non-riesce/

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