Governo Draghi, i sottosegretari scelti col Cencelli e il bilancino (più dei ministri).
I berlusconiani si prendono Editoria e Giustizia.
Ai Servizi va Gabrielli
Peggio dei ministri, almeno di quelli politici.
E d’altra parte questa volta le scelte erano tutte in mano ai partiti.
Se esistesse qualcosa di più partitocratico dell’ormai mitologico manuale Cencelli di sicuro sarebbe stato utilizzato per nominare i sottosegretari di Mario Draghi.
Già quando aveva letto la lista dei suoi ministri le scelte dell’ex presidente della Bce avevano deluso chi da settimane parlava del “governo dei migliori“. Niente da dire, fino alla prova dei fatti, sugli otto tecnici piazzati nei dicasteri chiave.
Musica molto diversa sulle 15 poltrone divise col bilancino tra la maggioranza a larghe intese che appoggia il governo. Stesso spartito per le lista dei 39 sottosegretari, arrivata a dieci giorni dal giuramento: 11 poltrone vanno ai 5 stelle, primo gruppo in Parlamento, 9 alla Lega, 6 per il Pd e 6 per Forza Italia, due per Italia viva.
Un incarico a testa per i partiti piccoli e quindi Leu, +Europa (con Benedetto Della Vedova), Centro democratico (Bruno Tabacci) e perfino Noi con l’Italia, quella che alle politiche del 2018 doveva essere “la quarta gamba” del centrodestra e poi è sparita dai radar. Ricompare con la nomina di Andrea Costa, consigliere regionale, alla Salute. Non ha un seggio in Parlamento anche Alessandra Sartore, assessore al Bilancio in Regione Lazio che Nicola Zingaretti ha promosso al governo per sopperire alla contestatissima mancanza di donne del Pd al governo.
Alla fine su sei posti per i dem, questa volta solo uno va ad un uomo.
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